Pensare con la propria testa
Pensare con la propria testa. Lo spirito critico. La disposizione a non fidarsi ciecamente, ma a informarsi e ragionare per capire cosa ha senso e cosa no.
A seconda di come interpretiamo questa definizione, la sua validità varia da “buona euristica” a “sconcertante idiozia”. Iniziamo scegliendo un’interpretazione letterale, rigida, stretta.
Mi hanno detto che la terra è sferica, che l’uomo è stato sulla luna, che il mondo si sta riscaldando, che il COVID-19 uccide, e che il vaccino salva vite umane. Ma io sono un essere dotato di spirito critico, quindi sospendo il giudizio ed evito di fidarmi finché non mi sarò informato per capire cosa ha senso e cosa no.
Mi hanno detto di tenere un’alimentazione equilibrata e il peso sotto controllo, che l’esercizio fisico allunga la vita, e che l’alcol è cancerogeno, così come l’amianto, le sigarette, e le carni processate. Ma io sono un essere dotato di spirito critico, quindi sospendo il giudizio ed evito di fidarmi finché non mi sarò informato per capire cosa ha senso e cosa no.
Mi hanno detto che l’acqua del rubinetto è potabile grazie a regolamentazioni che minimizzano i rischi, e che ce ne sono per il commercio di alimenti, per le procedure mediche, e per la costruzione di automobili, strade, palazzi, e aeroplani. Ma io sono un essere dotato di spirito critico, quindi sospendo il giudizio ed evito di fidarmi finché non mi sarò informato per capire cosa ha senso e cosa no.
Nel frattempo, però, sono costretto a trasferirmi altrove, fuori dalla civiltà e in mezzo alla natura selvaggia, in esilio, dove non devo fidarmi di nessuno perché non c’è nessuno.
Sorge un problema: non so come arrivarci, in mezzo alla natura. Al momento io sono immerso nella civiltà, e qualsiasi azione io possa compiere si fonderebbe sulla fiducia in qualcuno. Scendere le scale del palazzo? Prendere la macchina? Camminare per la strada? Come so se è sicuro? Non posso certo fidarmi dei miliardi di persone che hanno contribuito a definire e realizzare ciò che mi sta attorno. Non ho fatto le mie ricerche.
Ma poi, a pensarci bene, come dovrei fare per condurre queste ricerche? Anche scegliendo di fidarmi momentaneamente delle creazioni umane (assurdo!), come potrei mai, di fronte a siti, libri, articoli, o alto materiale informativo, credere alle parole che leggo?
In un mondo in cui l’interpretazione è stretta, mi paralizzo: vivo in una sconcertante idiozia.
Spirito critico espanso
Questa piccola iperbole illustra una verità ineluttabile (almeno finché manterremo la forma umana a cui siamo abituati): la conoscenza del singolo è immensamente limitata.
Preso coscienza di questo limite, diventa necessario accettare che buona parte delle nostre vite sarà saldamente fondata sulla fiducia in altre persone. Dovrò fidarmi di chi ha progettato il palazzo in cui vivo. Dovrò fidarmi di chi ha costruito i mezzi su cui viaggio. Dovrò fidarmi di chi produce il cibo che mangio. Dovrò fidarmi di chi ha approvato i farmaci che uso. E dovrò farlo non perché sono un pollo senza spirito critico, ma perché non posso fare altrimenti. Fuori dal poco che so, mi tocca giocare la carta della delega della conoscenza (cit). Riporrò la mia fiducia, di volta in volta, in chi ha competenze adeguate sull’argomento in questione.
Alla luce della nostra deprimente limitatezza, torniamo alla definizione di “pensare con la propria testa” e vediamo come farla funzionare da buona euristica.
Con l’interpretazione stretta abbiamo applicato lo “spirito critico” stupidamente, mettendo in dubbio tutte le informazioni esterne e solo quelle. Che succede se ampliamo il respiro e mettiamo in dubbio anche noi stessi, e, in particolare, il processo tramite cui cerchiamo di risolvere i dubbi? Prima di chiedermi se posso dare credito a un’informazione, devo chiedermi quale processo mi permette di chiarire questo dubbio.
Una prima strada è quella percorsa poc’anzi: non posso credere a niente prima di aver condotto le mie ricerche. Abbiamo visto che questo processo non funziona.
Un’altra strada va nel verso opposto: posso credere a tutto senza bisogno di scavare a fondo, mai. Sarebbe rilassante, ma neanche questa strada è percorribile: è in contraddizione con la definizione di “pensare con la propria testa”. Se mi fido ciecamente non sto ragionando.
Una terza strada si trova da qualche parte tra le due, e prevede di iniziare da noi stessi con la domanda: ho le competenze necessarie per interrogarmi sull’argomento e sperare di arrivare a conclusioni sensate?
1. “No, e non voglio acquisirle”
Purtroppo questa è la risposta che saremo costretti a dare più di frequente. Non c’è tempo per acquisire ogni competenza. Ciascuno di noi dedicherà i propri sforzi di apprendimento a ciò che preferisce studiare. Non c’è niente di male. È inevitabile.
Quando questa è la risposta, si delega la conoscenza.
2. “No, ma voglio acquisirle”
Questo è il caso in cui la competenza in questione rientri nei tuoi interessi di studio: sei quindi disposto a impegnarti per acquisirla.
Bene! Vai a studiare e riprova più tardi.
Certe volte, però, potresti dover fare una scelta prima di avere acquisito la competenza. Se, per puro caso, ci fosse una pandemia in atto, potresti dover decidere di vaccinarti prima di aver finito immunologia, virologia, e di aver studiato le nuove tecniche a mRNA.
Nel frattempo, quindi, ti toccherà delegare la conoscenza.
3. “Sì, ho competenze adeguate”
Sei sicuro? Sicuro sicuro? Ma sicuro sicuro sicuro? Ti ricordi che l’effetto Dunning–Kruger esiste, vero? Se non sei sicuro prova con un’altra risposta.
Se invece sei proprio sicuro (e non ti stai prendendo in giro): benissimo! Puoi finalmente procedere a valutare l’argomento in questione perché hai le basi su cui farlo.
Applicare lo spirito critico a se stessi è necessario per capire su cosa si è grado di ragionare con le proprie conoscenze e su cosa no. Ogni discorso successivo si fonda su queste basi.
Pensare di poter esprimere un’opinione valida su tutto significa non solo dimostrare di essere arroganti e illusi, ma soprattutto di non essere dotati di quello spirito critico che si pretende di avere. Se un argomento è al di fuori delle mie competenze, non posso fidarmi di me stesso.
Ciò, comunque, non significa fidarsi a caso di tutti, perché anche la delega della conoscenza va fatta con criterio. Ma di questo parleremo un’altra volta.