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Confortevole mediocrità e come superarla

Confortevole mediocrità e come superarla

Migliorare la propria condizione.
Essere più felici, guadagnare di più, lanciare un progetto, acquisire abilità, avere successo, fare esperienze.
Credo non serva molta cautela per dire che la gran parte delle persone desideri migliorare la propria condizione. In uno dei modi sopracitati o in qualche altro.

Qualche tempo fa mi sono imbattuto nel concetto dell’ok plateau. Nell’idea originale si applica al processo di apprendimento di abilità e rappresenta quello stadio in cui abbiamo imparato abbastanza per essere ok e smettiamo di spingerci oltre. Rimaniamo in un plateau in cui, anche se esercitiamo l’abilità in questione, non ci impegniamo deliberatamente a migliorarla e rimaniamo quindi allo stesso livello.
Qualcuno disse che

C’è differenza tra dieci anni di esperienza e un anno di esperienza ripetuto dieci volte

Sebbene l’idea dell’ok plateau sia stata concepita in quest’ambito, sono convinto che si possa estendere un po’ a tutto quello che facciamo ed è per questo che ritengo che lo stare bene, il trovarsi in una confortevole mediocrità, sia uno degli ostacoli alla realizzazione del desiderio che accennavamo all’inizio: migliorare la propria condizione. Cosa significhi mediocrità, ovviamente, lo stabilisce ognuno per sé in relazione ai propri obiettivi.
Il comfort ci intontisce, il tempo passa, e il rischio è di ritrovarci dopo anni a rimpiangere di essere rimasti immobili sprecando tempo e opportunità.

Uno dei miei plateau

Poco più di un anno fa vivevo a Torino e mi trovavo a circa tre anni dall’inizio del mio primo lavoro. Non c’era niente di male nella mia situazione e anzi mi potevo ritenere già molto più fortunato di tante altre persone.
Dopo tre anni di lavoro, però, le sfide che mi ritrovavo davanti erano sostanzialmente sempre le stesse e mancavano quindi occasioni di “crescita forzata”. Ero arrivato a conoscere abbastanza bene il dominio in cui lavoravo e avevo raggiunto un livello di conoscenze e abilità sufficiente per risolvere i problemi che ero pagato per risolvere.
Mi mancava, cioè, quel forte incentivo alla crescita che scaturisce dalla necessità di affrontare situazioni diverse che forzano a spingersi oltre, per esempio usando strumenti nuovi, o imparando altre tecniche, o migliorando in generale le proprie abilità.

Ero chiaramente in un ok plateau.

Non che ne fossi all’oscuro, né ero rimasto completamente fermo con le mani in mano. Nel mio tempo libero lavoravo su progetti personali, sviluppando le mie app e aprendo il mio canale YouTube (che richiede tutta una serie di abilità diverse da quelle richieste invece a lavoro).
Ma per il grosso del tempo vivevo comunque nel plateau e stavo quindi sprecando l’opportunità di passare quell’ammontare massivo di vita che sono le 8 ore giornaliere in un ambiente che mi forzasse a migliorarmi.

Il punto di rottura

Un giorno mi contattò un’azienda danese per un’opportunità di lavoro. Generalmente ignoravo i contatti dei recruiter, ma quella volta pensai perché no?

Feci il colloquio preliminare, il challenge da casa, e il colloquio tecnico. Alla fine la risposta fu no grazie, al momento cerchiamo qualcuno con più esperienza.
Era andata male, ma io mi ero già eccitato all’idea di uscire dalla mia zona di comfort e andare a vivere e lavorare fuori, in un ambiente in cui non sarebbero certo mancate sfide nuove e opportunità di miglioramento.

Chiarito che mi fossi stancato della mia condizione e deciso che il mio futuro fosse di andare a lavorare all’estero, iniziai a seguire un piano che mi ci facesse arrivare.
Oltre a spammare curriculum ad aziende interessanti e a rispondere a tutti i recruiter esteri, il piano prevedeva una buona dose di pratica intenzionale, dato che sapevo di avere alcune lacune da colmare per incrementare le mie chance di successo.

Pratica intenzionale

La pratica intenzionale è lo strumento principe per uscire da un plateau. È il tipo di pratica che crea vera esperienza, diversamente dalle banali ripetizioni tanto diffuse, ma altrettanto inutili, che portano al famoso singolo anno di esperienza ripetuto dieci volte.

Fare pratica intenzionale significa spingersi ogni volta un po’ oltre la zona di comfort, aggiungendo qualcosa che renda la pratica stessa più difficile. È con quel po’ di struggle che avviene l’apprendimento.

Se vorrò migliorare in palestra, potrò per esempio gradualmente aumentare il peso che alzo o le ripetizioni che faccio. Sarebbe assurdo aspettarmi di migliorare alzando ogni volta lo stesso peso per lo stesso numero di ripetizioni.

Raccogliere i frutti

Tra i vari job apply più o meno riusciti ce n’è stato uno in particolare, iniziato col contatto di un’azienda Spagnola in un tempo in cui neanche avevo considerato che la Spagna esistesse. 👀
Dopo un colloquio preliminare, un colloquio tecnico, un challenge a casa, un altro colloquio tecnico, un culture fit, e una sessione di live coding la risposta è stata ok su, vienitene a lavorare qua.
Sono ragionevolmente convinto che senza la pratica di cui sopra l’esito non sarebbe stato altrettanto positivo.

Superare il plateau

La pratica intenzionale è la tecnica go-to per uscire dalla stagnazione e migliorare le proprie capacità. All’inizio, però, suggerivo che il concetto di ok plateau si potesse estendere al di là dell’apprendimento e in generale al concetto di miglioramento della propria condizione.

Ma come passiamo dall’ambito specifico dell’apprendimento all’ambito generale del miglioramento del proprio status quo?

Ci arriviamo partendo dall’idea specifica della pratica intenzionale e dirigendoci verso l’idea generale che ne costituisce il fondamento: la spinta fuori dalla zona di comfort. Con la pratica intenzionale ci spingiamo fuori dal comfort di ciò che sappiamo fare e allo stesso modo ci possiamo spingere fuori da qualsiasi attraente comfort ci trattenga dal raggiungere il miglioramento che desideriamo.

Potrebbe per esempio significare

  • lanciare un progetto anche se hai paura di fallire
  • riprendere un hobby che ti rende felice anche se credi di non aver tempo
  • aprire un blog/podcast/canale anche se sei timido
  • andare a vivere altrove anche se ti spaventa avere solo te stesso su cui contare
  • prenotare una sessione di paracadutismo anche se nessuno ha le palle di farlo con te
  • decidere di cambiare lavoro anche se sarebbe più semplice startene dove sei
  • praticare una nuova skill anche se ti hanno detto che non fa per te

Il punto fondamentale è realizzare che per andare oltre è necessario uno sforzo intenzionale.

A volte può servire una spinta esterna per arrivare a questa realizzazione. Per me, nella storia di prima, la spinta è stata il colloquio con l’azienda danese. Per un altro può essere un video, un libro, l’episodio di un podcast, qualche parola di un amico, l’esempio di qualcuno, un film, questo post.
Un piccolo aiutino per deciderci ad andare oltre la nostra confortevole mediocrità.

Risorse

Qualche libro che ho letto e corso che ho seguito, per chi abbia la voglia di approfondire questi argomenti: