Imparare ad amare il tuo sé futuro
Tu non ti ami. Non te ne frega niente di te stesso.
O meglio, ti interessa molto del te… presente. È al tuo io futuro che proprio non vuoi bene. Il problema è che prima o poi il tuo futuro diventerà presente e allora maledirai il tuo passato.
Quanto è difficile convivere con se stessi.
Iniziamo con un esperimento veloce: pensa a qualcosa che devi fare, ma che non vuoi fare. Fffffatto? Ora immagina che questo qualcosa tu l’abbia già completato in passato.
Come ti senti? Sollevato, secondo me.
Sai che c’è? Se solo ti decidessi a completare ora ‘sta benedetta cosa che devi fare, potresti regalare questa precisa sensazione al tuo io futuro. È questo che faresti, se solo lo amassi.
Invece non lo ami.
Come quando procrastini e lasci il lavoro per domani.
Come quando stai sveglio fino a tardi anche se devi alzarti presto.
Come quando non studi e ti riduci a farlo sotto stress a due giorni dall’esame.
Come quando non ti curi della tua salute ben sapendo che ne soffrirai le conseguenze.
Come queste e tante altre volte in cui fai scelte irrazionali che ti danneggeranno in un momento che non è ancora arrivato.
E io che parlo con te dovrei parlare anche con me, visto che non ho ancora imparato ad amare il mio futuro. Ma ci sto lavorando.
Perché ci comportiamo così? Siamo stupidi o c’è un motivo?
Futuro a metà prezzo
La risposta è entrambe: siamo stupidi e c’è un motivo.
Il motivo che ci rende stupidi si chiama Hyperbolic Discounting ed è solo uno dei tanti bias che ci affliggono. Non è l’unico scoglio che ostacola l’amore per l’io futuro, ma gli possiamo addossare una buona fetta di responsabilità.
L’ho visto menzionato per la prima volta in Riconquista il tuo tempo e non è altro che la tendenza del cervello a “mettere in saldo” il futuro, come se ciò che succederà avesse meno peso di quanto succede nel presente. (Che sia connesso alla differenza tra vita percepita e vita ricordata?)
Parafrasando leggermente Wikipedia: una delle conseguenze dell’hyperbolic discounting è che crea preferenze temporanee che ci portano a fare scelte irrazionali. Scelte che, a parità di informazioni, il nostro sé futuro preferirebbe che non avessimo fatto.
Nel nostro cervellino i sacrifici immediati, di cui possiamo già sentire il sapore, pesano molto di più di quelli lontani e quindi meno concreti.
Sperimentalmente è stato osservata, per esempio, una dissonanza nelle risposte a queste due domande:
- Preferiresti 50€ ora o 100€ tra un anno?
- Preferiresti 50€ tra 5 anni o 100€ tra 6 anni?
Nel primo caso tendiamo a scegliere i 50€, mentre nel secondo i 100. Anche se entrambe le domande prevedono un anno di differenza, nella prima la rinuncia ai 50€ è immediata e per questo ci appare più dolorosa.
Una manifestazione comune dell’hyperbolic discounting è quell’ingiustificato ottimismo nei confronti del nostro futuro che ci fa procrastinare. Ci diciamo che oggi proprio no, ma invece domani! Domani saremo più motivati, domani saremo meno stanchi, domani avremo più tempo.
Anche gli esempi che facevamo sopra sono manifestazioni di questo bias. Ci pesa di più andare a letto un’ora prima adesso piuttosto che il pensiero che domani saremo stanchi.
Non è che razionalmente non capiamo che abbiamo bisogno di dormire e che domani saremo grati di averlo fatto. Il problema è che l’istinto non la pensa alla stessa maniera e, a meno di non prestare attenzione, è l’istinto a comandare.
Provare ad amarsi
L’idea per questo articolo mi è venuta mentre ascoltavo un episodio stupendo del podcast Not Overthinking. Come dicevo prima, neanche io ho ancora imparato ad amare appieno il mio sé futuro. Le strategie che seguono, quindi, sono un mix tra suggerimenti di cui ho esperienza e suggerimenti che ho estrapolato da questo episodio e che vorrei iniziare a mettere in pratica.
Il nostro obiettivo, come faremmo per una persona che amiamo, è di rendere felice il nostro io futuro. Desideriamo semplificargli la vita e quindi vogliamo sia portare a termine adesso quante più attività possibile, sia fare tutto il necessario per aiutarlo a rimanere sulla retta via.
Può tornarci utile qualsiasi tecnica diminuisca il dispendio di forza di volontà o, più in generale, che agisca per aumentare la motivazione. Per esempio il mantra del > 0 o la creazione di feedback a breve termine.
Più nello specifico, però, è interessante concentrarci su quelle strategie che prevedono un investimento iniziale di energia di cui raccoglieremo i frutti nel tempo. Il nostro io futuro, guardandosi indietro, ci ringrazierà e si renderà finalmente conto della purezza del nostro amore. 💗
Un po’ come dice l’intro di Smart Passive Income:
Welcome to the Smart Passive Income Podcast, where it’s all about working hard now so you can sit back and reap the benefits later
Investire in ricerca
Investire in ricerca è utile quando ci serve ottenere delle informazioni di cui non disponiamo.
Tutti sappiamo che per stare in salute dobbiamo mangiare bene, ma poi fatichiamo a mettere in pratica questa consapevolezza. Ci affidiamo all’alimentazione che abbiamo appreso dai nostri genitori o, ancora peggio, compriamo cibi pronti o cose a caso perché:
- non abbiamo molte idee su cosa potremmo mangiare
- non abbiamo voglia di sprecare chissà quante energie a cucinare
- dobbiamo fare la spesa velocemente e non vogliamo stare a riflettere su quale sia la migliore combinazione di alimenti
Questa è una manifestazione della mancanza di informazioni. Non sappiamo né cosa rende un’alimentazione sana, né che ricette potrebbero piacerci, né come minimizzare il tempo speso in cucina.
Investire in ricerca significa spendere la nostra forza di volontà per risolvere questi dubbi e poi per creare un piano alimentare. A seguito dell’investimento iniziale ci basterà mettere il pilota automatico e attenerci a quanto deciso. Niente più incertezze su cosa comprare o cucinare, e niente più paura di buttare tempo in cucina.
Un altro esempio di investimento in ricerca consiste nel condurre esperimenti su se stessi per recuperare informazioni sul proprio comportamento e sulle proprie preferenze.
Se ho letto che fare journaling può avere un impatto positivo e voglio aumentare le probabilità di mantenere l’abitudine, posso sperimentare mezzi diversi. Vedo che l’app Day One va forte e la provo, ma scopro non fa per me. Allora mi muovo verso Notion che già amo e che ho voglia di usare di più. Oppure, se sono old style, la strategia che potrebbe fare al caso mio è di iniziare a usare un bel quaderno fisico. Perché non tentare?
Magari invece voglio diventare un lettore appassionato e ho notato che tutti consigliano i grandi classici. Io però non riesco mai ad andare oltre le prime due pagine. Forse è meglio provare con la fantascienza. O forse con il fantasy. Forse è la divulgazione scientifica il genere adatto, o forse ancora la poesia.
La risposta cambierà per ognuno ed è proprio questo il punto. La chiave è riconoscere il beneficio di porsi la domanda e poi muoversi per sperimentare. È meglio usare la forza di volontà per testare dieci cose e trovare quella che ti piace, piuttosto che usarla per costringerti a ripetere dieci volte una cosa che non vuoi fare.
Creare sistemi
Creare sistemi consiste nel mettere in piedi meccanismi che il sé futuro si limita a seguire, senza più dover porsi domande o prendere decisioni.
A volte la creazione di un sistema avviene a seguito della fase di ricerca. L’esempio sull’alimentazione è calzante anche in questo caso. Il piano alimentare è una forma di sistema, come è un sistema anche un’eventuale lista della spesa precompilata.
Un altro esempio è la creazione di routine. Una routine è un sistema molto semplice che consiste nell’incastrare un’attività all’interno di un rituale periodico. Come accennavo altrove, io leggo ogni giorno dopo pranzo. Leggere è uno degli ingranaggi nella macchina che rappresenta la mia giornata.
Anche molte delle strategie che uso per ricordare sono sistemi.
Concludo questa sezione con un ultimo esempio gentilmente offerto dal settore in cui lavoro (lo sviluppo software) e che mi piace molto: il post-mortem.
Un post-mortem è un processo di questo tipo:
- avviene un incidente
- si fa quel che è possibile per risolverlo
- si svolge un’analisi per capire cos’è andato storto e cosa si può fare affinché non accada nuovamente
- si mette in pratica quanto risulta dall’analisi
Sia questo processo sia (spesso) le azioni risultanti sono sistemi che servono per imparare dagli errori e prevenirne future occorrenze. Nel mio piccolo cerco di approcciare i miei sbagli con questa mentalità.
A ben vedere è possibile instaurare sistemi ovunque. Basta solo spendere preventivamente qualche energia per delineare e avviare il sistema e poi limitarsi a seguirlo.
Cambiare l’ambiente
Cambiare l’ambiente significa modificare e aggiustare intenzionalmente il mondo in cui viviamo, sia fisico che virtuale, in modo che ci spinga a fare ciò che vogliamo fare.
In una qualche misura, siamo tutti portati ad agire sul nostro ambiente.
Immagina di dovere studiare e che la tua camera dia su una strada molto trafficata. C’è spesso rumore e non riesci a concentrarti. In un caso come questo potresti cambiare camera, andare a studiare in biblioteca, affittare un’altra casa, mettere i vetri insonorizzati, o usare cuffie a cancellazione del rumore. Tutti questi non sono altro che modi di cambiare l’ambiente per adeguarlo il più possibile all’esigenza di studiare.
L’obiettivo è apportare delle modifiche di cui il tuo futuro potrà beneficiare da quel momento in poi.
Eliminare tentazioni è un altro modo di agire sull’ambiente. Se so di non sapermi controllare quando a casa ho dolciumi e merendine, beh, allora è meglio non comprarne proprio. Oggi faccio una scelta che cambia l’ambiente. Domani, il mio io futuro non potrà strafogarsi perché non avrà schifezze intorno.
Lo stesso vale per una delle piaghe più diffuse nel mondo moderno: la dipendenza dai social. Dopo essermi accorto che c’è qualcosa che non va nel modo in cui uso lo smartphone, potrei decidere che è il caso di darci un taglio, impostare dei limiti, o buttarlo dall’altra parte dell’universo ogni qualvolta devo stare concentrato.
Se voglio leggere di più è meglio tenere il Kindle sempre a portata di mano (o il libro, nel caso degli aristocratici della lettura). Se voglio videogiocare di meno è meglio tenere lo Switch lontano dalla mia vista.
Potrei anche ricorrere al simbolismo inserendo, attorno a me, promemoria dei miei obiettivi. Se voglio scrivere di più potrei appiccicare un ritratto di Shakespeare al mio laptop (lol) in modo da vederlo ogni volta che mi ci avvicino. Se voglio fare più esercizio fisico potrei tenere un pupazzo di The Rock (ciao Matt D’Avella) che mi guarda dalla mia scrivania.
Insomma, c’è solo da sbizzarrirsi. Aggiusta e ritocca tutto quello che ritieni opportuno per regalare alla tua persona futura un ambiente più piacevole e che le lasci poche opportunità per fare la scelta sbagliata.
In conclusione
Amarsi non è facile.
Anzi, a volte, sembra quasi che auto-sabotarci sia la cosa che ci viene più naturale. Ma è solo perché convivere con l’essere umani non è questione da poco. È una lotta incessante in cui cerchiamo di adattare alla giungla della civiltà moderna un cervello evoluto per stare nella natura selvaggia.
E quindi amarsi non è facile. Ma vale la pena imparare a farlo.