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3 insegnamenti da the Dip di Seth Godin

3 insegnamenti da the Dip di Seth Godin

The Dip è un libricino di neanche 100 pagine in cui Seth Godin cerca di spiegare come scegliere quando perseverare e quando abbandonare. Come promesso nel titolo, qui di seguito racconto quali sono le tre idee più importanti che propone, o, quantomeno, quelle che mi hanno colpito di più.

La curva Dip

La curva Dip — “avvallamento” — è il cuore del discorso e, infatti, dà il titolo al libro. Secondo Godin, quasi tutto ciò che vale la pena fare nella vita è controllato dal Dip. (A pretty bold statement, if you ask me.)

La curva Dip

La curva

Quando inizi qualcosa — un progetto, un percorso di studio, una carriera — i primi tempi sono divertenti e il progresso è veloce. A un certo punto, però, questa fase finisce e inizia una (più o meno lunga) fase calante in cui domina la stagnazione. Questo è l’avvallamento. Con progressi inesistenti, o addirittura negativi, procedere diventa difficile e la maggior parte delle persone si arrende. Se parliamo di competenza, superare questa palude fa la differenza tra il principiante e l’esperto. Il Dip è come un filtro che blocca chi non si impegna abbastanza. Sapere affrontarlo è un vantaggio competitivo.

Nell’ambito dello sviluppo software (che è un mio hobby oltre che il mio lavoro) c’è un fenomeno molto conosciuto che funziona da esempio per questa curva. Per qualcuno che sa scrivere codice, è entusiasmante iniziare un progetto nuovo, tipo un sito o un’applicazione. Hai carta bianca (quasi letteralmente) e ti trovi con la libertà di costruire quello che vuoi. Come descritto dalla prima porzione della curva Dip, in questa fase è molto facile passare dal nulla a un prototipo semi-funzionante. Poi, però, quando il progetto diventa maturo abbastanza e ti tocca rifinirlo prima di renderlo pubblico, il lavoro diventa più noioso e inizi a perdere interesse. A questo punto è molto allettante ripartire con un altro progetto e lasciare perdere quello in corso. Però, banalmente, solo i progetti che superano questa fase saranno pubblicati e quindi chi riesce a spingere oltre il Dip si trova favorito rispetto a chi abbandona.

Abbandonare come strategia di lungo termine

Quanto ho appena detto a proposito del Dip — e del vantaggio che possiede chi sa affrontarlo — potrebbe essere interpretato come una conferma del mantra popolare del “non mollare mai”. In realtà, non è questo che suggerisce Godin, che anzi afferma che abbandonare può essere una tattica valida.

Il punto critico è che, spesso, quando abbandoniamo non stiamo facendo una scelta strategica. Non ci siamo fermati a valutare se la strada su cui ci troviamo sia allineata ai nostri obiettivi o meno. Di solito la vera motivazione è che ci siamo scontrati con la difficoltà di continuare. Affrontare un Dip non è piacevole e istintivamente scappiamo dal discomfort. Un bambino che decide di smettere con le lezioni di Karate non lo fa perché ha considerato attentamente i pro, i contro, e i vantaggi di lungo termine, ma perché continuare è difficile: non ha voglia, l’istruttore urla, gli allenamenti sono faticosi.

Mollare è una strategia di lungo termine quando consiste nel lasciare un percorso che ti sei reso conto non ti porterà al tuo obiettivo, in modo da reindirizzare le tue energie su una strada più adeguata. Il vantaggio, quindi, non è di chi ciecamente non molla mai, ma di chi sa analizzare la situazione in cui si trova per decidere quando ha senso abbandonare e quando ha senso perseverare.

Essere il migliore al mondo

L’ultimo punto che voglio riportare riguarda il vantaggio di essere il migliore al mondo e il consiglio di mirare a diventarlo. Questo punto si fonda sulla constatazione che, in molti casi, ci si trova in competizioni in cui il vincitore prende tutto. Si vede, cioè, che spesso c’è un’enorme differenza di guadagno tra chi si posiziona primo e chi secondo. Per esempio, se guardiamo ai browser più utilizzati, troviamo Chrome in cima con uno share di circa il 60%, seguito da Safari con solo il 20%.

Questa considerazione diventa ancora più rilevante quando i posti disponibili sono limitati, e quindi non arrivare tra i primi equivale a non ottenere nulla. Un’azienda che ha tre posizioni da coprire assumerà solo i tre candidati che verranno reputati migliori, nessuno degli altri otterrà quel lavoro.

Ma anche senza bisogno di troppe riflessioni, è facile accettare che sia conveniente trovarsi nella posizione di “migliore al mondo“. Il problema è che puntare a quella posizione sembra irrealistico: il mondo è troppo grande e la competizione è immensa. È qui che dobbiamo fermarci per fare una precisazione che rende il discorso applicabile anche a noi umili esseri umani regolari. Quando nel libro si parla di “migliore” e di “mondo” non si intende letteralmente il migliore del pianeta Terra. Direttamente dal testo:

Anyone who is going to hire you, buy from you, recommend you, vote for you, or do what you want them to do is going to wonder if you’re the best choice.

Best as in: best for them, right now, based on what they believe and what they know. And in the world as in: their world, the world they have access to.

(Chiunque voglia assumerti, comprare da te, raccomandarti, votarti, o fare quello che vuoi fargli fare, si chiederà se tu sei la scelta migliore. Migliore nel senso di: migliore per lui, in quel momento, in base a quello che crede e sa. E al mondo nel senso di: il suo mondo, il mondo a cui ha accesso.)

Per esempio, un’azienda piemontese che produce app per smartphone potrebbe volere il migliore sviluppatore Android che è in grado di contattare, disponibile a lavorare a Torino, e che chiede uno stipendio che rientra nel budget previsto. In questo “mondo” è molto più facile eccellere. La strategia allora consiste nel determinare quale sia il contesto in cui competi e puntare a diventare il migliore in quel contesto. Sapere quale fetta di mondo è il tuo obiettivo ti aiuta a capire che strada dovrai percorrere per arrivarci.


Insomma, questo è quello avevo da dire. Dopo di che, potreste anche decidervi a comprare il libro. Se invece ancora non siete convinti, date un’occhiata ai miei appunti.