Ultralearning — Scott Young

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Cosa ne penso 💭

Ultralearning è un libro sul tema dell’apprendimento in cui si delinea un metodo per rendere i propri progetti di studio efficienti ed efficaci.

Mi è sembrato un testo discreto poiché fornisce una buona panoramica di idee e tecniche e contiene qualche riferimento alla letteratura in materia. Sebbene avessi già incontrato gran parte di questi concetti in passato (e.g. in Learning How to Learn), ho anche trovato qualcosa in cui non mi ero mai imbattuto (o non esplicitamente): in particolare, il problema del transfer.

La cosa che non mi è piaciuta è stata la quantità enorme di esempi singoli o personali che non mi interessano più di tanto, dato che non hanno potere dimostrativo.

Overall non male, ma lo suggerisco solo se non siete già informati adeguatamente sull’argomento (e se non vi dispiace lo stile “vi racconto cose tramite storie ed episodi”).

Le mie note 📓

Ultralearning: A strategy for acquiring skills and knowledge that is both self-directed and intense.

…che poi nella pratica si traduce in una serie di tecniche per rendere il processo di apprendimento efficace ed efficiente.

Principio 1: Metalearning: first draw a map

Il metalearning in generale consiste nell’imparare a imparare. Prima di imbarcarsi in un progetto di studio è utile costruirsi una mappa di ciò che si vuole studiare. Una mappa di questo tipo ti aiuta a delineare come funziona la materia, che tipo di abilità e informazioni devi apprendere, e quali metodi esistono per farlo in maniera ottimale.

Si può fare metalearning sul breve e sul lungo termine:

  • Metalearning di breve termine: prepararsi per ciò che si vuole studiare (o si sta studiando) in quel momento. La mappa quindi riguarderà il progetto di studio in questione. L’obiettivo è di ottimizzare il percorso e il metodo.
  • Metalearning di lungo termine: acquisire, via via che si affrontano progetti diversi, conoscenze trasversali su come imparare. E.g. sapere quanto ti puoi permettere di studiare ogni giorno, come gestire la motivazione, o come affrontare problemi comuni e indipendenti dal progetto specifico.

Determinare perché, cosa, e come

Ci sono due motivazioni principali che rispondono a perché?: strumentale e intrinseca. Intrinseca significa che vuoi studiare un dato argomento per il gusto di farlo e quindi l’obiettivo è imparare in sé, e.g. voglio imparare il giapponese perché mi piace, anche se non ho un motivo pratico. Strumentale significa che vuoi studiare per raggiungere un obiettivo esterno all’apprendimento, e.g. voglio imparare lo spagnolo per andare vivere in Spagna.

Quando la motivazione è strumentale, prima di inizare il progetto di studio è utile valutare se quel percorso porta verso l’obiettivo fissato. Darlo per scontato può equivalere a buttare tempo e soldi, e.g. chi si iscrive all’università in facoltà random pensando che ciò lo aiuterà a trovare lavoro. Parlare con persone che sono già arrivate all’obiettivo può servire a capire se si è sulla strada giusta o no.

Dopo il “perché” si può passare al cosa. Le risposte a questa domanda rientrano in tre categorie principali: concetti (ciò che c’è da capire), fatti (ciò che c’è da memorizzare), procedure (ciò che c’è da mettere in pratica). La struttura di ogni progetto di apprendimento sarà un mix di queste tre categorie. Una strategia per iniziare a tracciare la mappa:

  1. Fare una sessione di brainstorming scrivendo, per ogni categoria, tutto ciò che pensi ci rientri
  2. Evidenziare quelle che probabilmente saranno le parti più difficili
  3. Ricercare metodi e risorse per affrontare questi punti critici

L’ultima domanda è come?. Innanzitutto si può fare del benchmarking: si ricerca quale sia il modo in cui le persone comunemente apprendono la materia o skill. Utile come punto di partenza (aka benchmark). Per esempio, se esistono corsi, puoi controllare che programmi propongono. Quindi, puoi ritoccare tali programmi per le tue esigenze, enfatizzando le aree tematiche più rilevanti ed escludendo o ritardando quelle meno rilevanti. Nota importante: come regola generale, più sei inesperto e meno dovresti modificare.

Metalearning: quando e quanto

Un po’ di planning serve per non buttare tempo, ma troppo planning diventa un modo per posporre lo studio. Una regola pratica è di investire il 10% del tempo totale dedicato all’apprendimento. In ogni caso, il metalearning non riguarda solo la fase iniziale ma è un processo continuo. All’inizio è facile che non ti sia chiaro quali saranno gli ostacoli o qual è il modo migliore di imparare. Più studi e più sei in grado di aggiustare lo studio. E.g. inizio decidendo di usare tecnica X, dopo un tot mi fermo a chiedermi: è X ancora la tecnica più utile/rilevante? Ho abbastanza conoscenze per rispondere a questa domanda o mi serve un po’ di ricerca?

Principio 2: Focus: Sharpen Your Knife

Tre problemi relativi alla concentrazione:

Problem 1: Failing to Start Focusing (aka Procrastinating)

Procrastiniamo perché c’è qualcos’altro che vogliamo fare, perché non vogliamo fare quello che dobbiamo, o una combinazione delle due.

A volte procrastiniamo senza esserne coscienti. Per esempio ci diciamo che abbiamo bisogno di una pausa o che la vita non può essere tutta lavoro. È un ragionamento sensato, ma spesso lo usiamo come scusa per prenderci in giro ed evitare quello che dovremmo fare. Diventarne consapevoli è il primo passo e, in tal senso, è utile fermarsi quando si procrastina e chiedersi cosa si sta provando: è desiderio di fare altro o di evitare quanto c’è da fare? Con il tempo acquisisci l’abilità di notare quando procrastini e quindi puoi porre rimedio.

C’è da notare che spesso la parte più spiacevole o difficile da affrontare è quella iniziale, non il task in sé e quindi la resistenza è più alta all’inizio. Una buona tecnica consiste nel forzarsi ad andare avanti per i primi minuti, anche se spiacevoli, per superare lo scoglio iniziale (e.g. tecnica del pomodoro). Altre volte il momento spiacevole non è all’inizio, ma è comunque limitato nel tempo (e.g. uno scoglio momentaneo). Anche in quel caso si può fare lo stesso e forzarsi a continuare.

Problem 2: Failing to Sustain Focus (aka Getting Distracted)

Il tipo di concentrazione migliore a cui aspirare sarebbe il flow. Lo stato in cui sei in the zone, completamente assorbito dall’attività che svolgi. Nel caso dell’apprendimento entrare in un vero flow è complicato, perché questo richiede un certo equilibrio di difficoltà e competenza, mentre quando studi la difficoltà tende a essere troppo alta. Il risvolto della medaglia è che la difficoltà nella messa in pratica dopo che hai imparato sarà più bassa. Quindi investire energie e combattere la frustrazione è un investimento tramite il quale l’esercizio della skill diventa più piacevole.

La ricerca suggerisce che il cramming non funziona, ed è meglio spezzare lo studio in momenti diversi. Anche l’interleaving può aiutare, quindi se hai molte ore per studiare, meglio spezzarle in blocchi in cui studi aspetti diversi della materia in questione. Chiaramente bisogna trovare un equilibrio, spezzettare all’infinito distrugge la concentrazione. Come rule of thumb, 50 minuti è una buona durata per topic.

Alcune sorgenti di distrazione:

Distractions Source 1: Your Environment

Smartphone, televisione, internet, videogiochi, rumori. Elimina le fonti che ti distraggono per migliorare la concentrazione: meno tentazioni. A volte ci diciamo che “sono più produttivo con XXX in background” (e.g. musica, televisione). Ma spesso non è vero dato che il multitasking diminuisce la produttività. Di solito lo diciamo perché quella cosa rende il task più facile da sopportare.

Distractions Source 2: Your Task

Anche l’attività in sé può portare distrazioni. Per esempio potresti essere portato a distrarti più facilmente leggendo un libro che non guardando un video, anche se sono sullo stesso argomento. In quel caso vale il “conosci te stesso” e se ci sono vari strumenti buoni allo stesso modo che puoi usare, usa quello con cui riesci a stare concentrato più facilmente. Se invece c’è uno strumento migliore dal punto di vista dell’apprendimento che però ti porta a distrarti più facilmente, puoi usare qualche stratagemma per contrastare il fenomeno, e.g. prendere appunti mentre leggi ti può aiutare a non lasciare che la tua mente vaghi.

Distractions Source 2: Your Mind

Emozioni negative, irrequietezza, sognare a occhi aperti. È più facile studiare se sei calmo. Se non lo sei, idealmente sarebbe meglio risolvere i problemi che ti causano quello stato d’animo, in modo da risolvere alla radice. Non sempre è possibile e, in quel caso, fermarsi a osservare le emozioni che si provano può aiutare a renderle meno presenti e farle passare (più facile a dirsi che a farsi).

Problem 3: Failing to Create the Right Kind of Focus

C’è della ricerca su come l’eccitazione (intesa nel senso di “attivazione”) influenzi l’attenzione. In particolare l’eccitazione aiuta per task brevi e semplici, e.g. un giocatore che deve lanciare una freccetta. Attività più complesse e lunghe hanno bisogno di un focus più “rilassato”. Per task in cui serve della creatività, può essere utile eliminare completamente l’attenzione. Questo funziona però solo dopo che hai ragionato in modalità concentrata per un po'.

Principio 3: Directness: Go Straight Ahead

La directness (“esperienza diretta”) consiste nell’immergersi nella situazione o nel contesto in cui si vuole usare ciò che si sta imparando. E.g. se vuoi imparare una lingua, parlala con persone invece di studiare solo teoria o usare app gamificate. Se vuoi imparare a programmare, costruisci un software invece di limitarti a seguire un corso. Il problema è che questo tipo di apprendimento spesso non è confortevole (anzi è frustrante) e quindi ci si limita a strumenti sub-ottimali e indiretti come app, videocorsi, libri, invece di mettere le mani in pasta facendo la cosa che effettivamente vuoi imparare a fare.

Transfer: Education’s Dirty Secret

Con transfer si intende il fatto per cui imparare qualcosa in un contesto (e.g. in classe) renderebbe in grado di applicarlo in un altro contesto (e.g. nella vita). Lo diamo per scontato ma, a quanto pare, decenni di ricerca dicono il contrario. Per esempio, i metodi di insegnamento classici utilizzati nelle istituzioni educative non evidenziano alcun transfer significativo.

Sembra che fornire vari esempi durante lo studio aiuti un po’ il transfer, ma si vede anche che porre lo studente di fronte a problemi che deviano leggermente da quegli esempi lo mette in difficoltà.

I problemi di transfer falsificano una vecchia teoria che paragonava il cervello a un muscolo affermando che fosse possibile allenare le capacità mentali in generale, indipendentemente dal contenuto con cui lo si fa. Da ciò conseguiva l’idea che studiare latino e geometria allenasse a pensare, che quindi veniva addotta a motivo per studiarli. (Un primo attacco a questa idea venne da Edward Thorndike e Robert Woodworth con il paper: “The Influence of Improvement in One Mental Function upon the Efficiency of Other Functions.”)

Un certo livello di transfer comunque deve esistere, altrimenti imparare sarebbe impossibile. Quindi da cosa dipende? Una prima idea suggerita da Robert Haskell è che sia correlato con il livello di conoscenza dell’individuo: meno sai e meno transfer c’è, più sai e più la tua conoscenza diventa flessibile.

La directness potrebbe aiutare: più il contesto di apprendimento è vicino al contesto di utilizzo della skill e meno dipenderai dal transfer. Inoltre questa strategia potrebbe forse (credenza dell’autore) favorire il transfer perché quando fai pratica stai comunque interagendo con la realtà in una miriade di modi che non sono replicabili semplicemente leggendo un libro o seguendo un corso. Quindi in teoria ci potrebbe essere del transfer su ciò che assimili di queste interazioni.

How to Learn Directly

Tactic 1: Project-Based Learning

Incentrare lo studio sullo sviluppo di un progetto ti garantisce che almeno imparerai come realizzare quel progetto. E.g. per imparare a programmare sviluppa un’applicazione. Vale anche se vuoi imparare qualcosa di più concettuale. E.g. un tizio intervistato dall’autore voleva imparare storia militare per saperne parlare con cognizione di causa e quindi si è dato come progetto la scrittura di una tesi in proposito.

Tactic 2: Immersive Learning

In questo caso ci si immerge nell’ambiente in cui si pratica la skill. Così facendo ti alleni di più e sarai esposti a una più ampia gamma di situazioni di applicazione. Esempio classico: andare a vivere in UK per imparare l’inglese.

Al di là delle lingue, un modo per immergersi è di entrare in community che fanno o studiano quello che vuoi imparare, e.g. se vuoi imparare a programmare, puoi anche provare a contribuire a un progetto open source.

Tactic 3: The Flight Simulator Method

Quando i precedenti non sono possibili, si può provare a simulare l’ambiente reale o a ricrearne uno quanto più simile possibile. E.g. il simulatore di volo replica la cabina di pilotaggio dato che non puoi metterti a fare pratica su un aereo vero.

Tactic 4: The Overkill Approach

Puntare a un obiettivo che richiede un livello di abilità superiore a quello che ti interessa. E.g. studiare una lingua per il livello C1 anche se ti serve il B2.

Principio 4: Drill: Attack Your Weakest Point

Identifica il collo di bottiglia, cioè l’aspetto della skill che ti dà più problemi, e concentrati su quello. In questo modo migliori più velocemente che non allenando la skill in generale. Vale anche nel caso in cui non ci sia un punto debole in particolare, perché comunque riduce il carico cognitivo. È più semplice concentrarsi su una parte rispetto a dovere stare attenti a diverse sub-skill non ancora apprese.

C’è un certo livello di conflitto tra drill e directness. Più ti concentri su un aspetto particolare e più ti allontani dall’ambiente “naturale”. Nella pratica non vanno considerati come tecniche parallele, ma che si alternano:

  1. si pratica la skill in modo diretto (directness)
  2. si analizzano i risultati, si determina il punto debole e lo si attacca in isolamento (drill)
  3. si ritorna al punto 1 (o 2 nel caso si sappia già qual è il punto debole successivo)

Questo ciclo deve essere tanto più rapido quanto più si è inesperti perché in quello stadio si migliora velocemente. Quando si è già abbastanza formati, migliorare in una sub-skill può richiedere molto tempo.

Alcune tecniche per creare esercitazioni:

Drill 1: Time Slicing

Spezzare la sequenza di azioni che compongono la skill in base al tempo e concentrarsi sulle azioni contenute in una singola fetta di tempo. E.g. se vuoi imparare a suonare un brano puoi concentrarti su un frammento alla volta. Se vuoi imparare a giocare a basket, tra le altre cose, dovrai concentrarti sull’imparare il tiro libero.

Drill 2: Cognitive Components

Spezzare non in base al momento in cui le azioni avvengono, ma in base alla tipologia cognitiva dell’azione. E.g. per parlare una lingua usi grammatica, pronuncia, e vocabolario, ma puoi allenarti su ognuna indipendentemente.

Drill 3: The Copycat

Copiare quelle parti che non vuoi allenare, in modo da concentrarti su quanto vuoi praticare. E.g. se vuoi imparare a disegnare, copia da un disegno già fatto o da una fotografia, così ti concentri sulla resa grafica e non sulla composizione o sull’inventare il soggetto.

Drill 4: The Magnifying Glass Method

Spendere più tempo su una fase. E.g. spendere 10 volte il tempo usuale nella fase di ricerca propedeutica alla scrittura di un articolo.

Drill 5: Prerequisite Chaining

Inizi con la skill prima di sentirti pronto -> ti blocchi perché ti mancano dei prerequisiti -> vai a imparare quei prerequisiti. Serve per capire quali sono i prerequisiti che servono per arrivare a fare quello che ti interessa. E.g. inizi a scattare fotografie, scopri che non sai comporre, vai a studiare composizione.

Principio 5: Retrieval: Test to Learn

Testarsi aumenta di molto l’efficienza dell’apprendimento. Un esempio di test è la pratica di retrieval, cioè cercare di ricordare. Testarsi si applica anche (e probabilmente soprattutto) nel caso in cui non ti senti pronto. Anche se ricordi molto, è meglio fare retrieval che non una rilettura passiva (che equivale a buttare tempo).

Inoltre sembra che sia utile fare “forward testing”, cioè testarsi su qualcosa che viene dopo, non solo su ciò che hai già studiato. È come se il cervello preparasse i percorsi da utilizzare per arrivare a concetti che ancora non hai appreso (analogia: costruire una strada che porta sul posto in cui verrà costruita una casa).

Metodi per praticare il retrieval:

Flash Cards

Una flash card è una carta che ha su una parte un quesito e sull’altra la risposta. “Quesito” e “risposta” da intendere anche in senso lato, e.g. una parola in lingua straniera e la sua traduzione. Efficaci quando bisogna memorizzare, specialmente se unite alla ripetizione dilazionata. Esistono software che automatizzano il processo proponendoti le flashcard secondo lo schema di ripetizione.

Free Recall

Significa cercare di ricordare quanto più possibile a seguito di una sessione di studio passivo. E.g. dopo una lezione di un corso o dopo aver letto un capitolo di un libro, cercare di scrivere tutto ciò che ci si ricorda.

The Question–Book Method

A fronte di materiale di studio passivo (e.g. corsi, libri), creare appunti sotto forma di domande, invece degli appunti classici che consistono nell’annotare le parti più importanti. Queste domande possono poi essere usate per fare pratica.

L’ideale sarebbe non limitarsi a ricopiare i concetti sotto forma di domanda, ma cercare di scrivere a una domanda la cui risposta è un sunto dell’idea o del concetto generale. In questo modo eviti di ritrovarti con una serie di domande troppo specifiche e sei stimolato a riflettere su quale sia l’idea di base mentre scrivi gli appunti-domande.

Self–Generated Challenges

La tattica di cui sopra aiuta soprattutto quando la conoscenza è più teorica. Se stai studiando un’abilità pratica, al posto di creare domande puoi inventare degli esercizi da fare in seguito. E.g. seguo una lezione sulla programmazione di interfacce grafiche e mi appunto di realizzare una schermata di login.

Closed–Book Learning

Estensione del Free Recall. Significa fare un qualsiasi tipo di esercizio che riguarda il soggetto di studio imponendoti di non guardare il materiale. E.g. disegno una mappa concettuale basandomi su quello che mi ricordo, senza guardare il libro.

Principio 6: Feedback: Don’t Dodge the Punches

Una qualche forma di feedback è, per l’apprendimento, condizione necessaria o quasi necessaria, a seconda dell’interpretazione che diamo di “feedback”. Serve a capire cosa non sai e cosa sbagli ed è quindi propedeutico al miglioramento.

Non tutto il feedback è uguale ed esiste del feedback controproducente. Lo è, per esempio, quello non informativo o diretto all’ego, e.g. sei intelligente, sei pigro. Inoltre la sua efficacia dipende anche da chi lo riceve. Per esempio tendiamo ad avere una percezione diversa del feedback a seconda di chi ce lo dà, e.g. è un amico? Un genitore? Un istruttore? Infine, a volte potremmo non essere disposti ad accettare feedback in maniera costruttiva.

Idealmente, bisognerebbe:

  • cercare feedback che non sia troppo positivo né troppo negativo
  • analizzare a mente fredda quello che si riceve per separare l’informazione da ciò che è inutile (tipo la componente emotiva)
  • superare la paura di ricevere feedback, che spesso è poi più forte dell’eventuale sensazione spiacevole che causa Chiaramente sapere come gestire il feedback non è automatico, anzi è una sorta di meta-abilità da apprendere.
Tipi di feedback

Feedback sul risultato: stai sbagliando?

Non molto specifico: ti fa capire se stai sbagliando qualcosa ma non ti dice come o dove migliorare. E.g. metti in vendita un prodotto e nessuno lo compra.

Più utile se è del tipo che varia di intensità, come nel caso delle vendite, perché ti dà un target. La prima volta vendi poco, ma la volta successiva vendi di più. Il feedback non ti dice cosa, ma sai che qualcosa è cambiato.

Feedback informativo: cosa stai sbagliando?

Più specifico del precedente: ti dice dove sbagli ma non come correggere. E.g. programmi e hai un errore di compilazione che ti indica la riga dove hai sbagliato, oppure parli la lingua che vuoi imparare con un madrelingua e vedi dove capisce e dove no.

Feedback correttivo: come correggere ciò che stai sbagliando?

Il feedback ideale perché ti dice anche come migliorare. E.g. il feedback che ti potrebbe dare un coach o un insegnante. Generalmente difficile poter accedere a feedback di questo tipo.

Tattiche per ottenere feedback migliore

Cancellazione rumore

Quando si guarda al feedback, bisogna distinguere ciò che è utile (segnale), da ciò che non lo è (rumore). Un modo per farlo a volte è di selezionare il giusto indicatore “proxy”, cioè un indicatore che non si riferisce direttamente al tuo obiettivo, ma vi è correlato.

E.g. vuoi imparare a scrivere meglio e pubblichi articoli sul blog. L’ideale sarebbe di avere del feedback sulla scrittura da persone competenti in materia. Ma se ciò non è possibile, puoi usare come proxy metriche tipo la percentuale di articolo che i visitatori leggono. D’altro canto, il numero di visite non è invece un buon proxy e contiene molto rumore, perché dipende anche da fattori diversi dalla qualità della tua scrittura.

Difficile al punto giusto

Se il feedback è prevedibile, non è utile perché non contiene nuova informazione. Quindi bisognerebbe cercare di mettersi in condizione di ricevere feedback imprevedibile. Nella sostanza significa aggiustare la pratica per calibrarla al giusto livello di difficoltà: non troppo difficile (sapresti di fallire) né troppo facile (sapresti di riuscire). Equivale alla pratica intenzionale.

Metafeedback

In questo caso si parla di feedback sul processo che stai usando per imparare, non sulla materia che studi. Serve quindi ad aggiustare come studiare.

Un esempio di metafeedback è il variare della velocità di apprendimento. Se vedi che la tua velocità è bassa, potresti non stare studiando in maniera efficace. Puoi allora provare un’altra tecnica e vedere come va. Oppure, se vedi che la velocità è alta e poi diminuisce, potresti essere arrivato a un livello in cui il ritorno sull’investimento è basso (hai imparato abbastanza) e forse faresti meglio a concentrare lo studio su altri aspetti.

Feedback rapido ad alta intensità

Cercare di avere feedback rapido e intenso può aiutare sotto due aspetti: di studio ed emotivo. Chiaramente ti aiuta a imparare, ma ti aiuta anche a perdere la paura di praticare. E.g. se vuoi imparare a dare presentazioni e vai spesso a farne.

Principio 7: Retention: Don’t fill a leaky bucket

Ci sono varie teorie (non perfette) che cercano di spiegare il comportamento dei nostri ricordi:

  • Decay curve: i nostri ricordi tendono a seguire una curva di decadimento (più tempo passa più dimentichiamo).
  • Interferenza: quando apprendere qualcosa ostacola ricordare qualcos’altro
    • proattiva: informazioni già imparate rendono più difficile impararne di nuove, come se lo spazio fosse già occupato, e.g. imparare un nuovo significato di una parola che già conosci.
    • retroattiva: imparare nuove informazioni simili ad alcune già apprese rende più difficile recuperare queste ultime, e.g. imparare il francese dopo lo spagnolo.
  • Indizi dimenticati: secondo questa teoria i ricordi non scomparirebbero, ma diventerebbero inaccessibili, come se si perdesse la mappa o una porzione di essa. In questo caso, ricordare sarebbe più facile di reimparare, perché potrebbe significare ricostruire solo il percorso.
Tecniche per non dimenticare

Spacing: Repeat to Remember

Una delle tecniche più supportate da evidenze di ricerca consiste nel distribuire e ripetere lo studio nel tempo (spacing), invece che concentrarlo in un tempo ristretto (cramming). Studiare troppo tutto insieme forma memorie di breve termine che decadono velocemente.

Una applicazione sistematica dello spacing è la ripetizione dilazionata (spaced repetition). Essa si basa sull’idea della curva di decadimento e consiste nell’effettuare ripetizioni a intervalli crescenti, poiché a ogni ripetizione la memoria si consolida sempre di più.

Proceduralization: Automatic Will Endure

Le abilità procedurali, cioè quelle per cui impariamo a eseguire una serie di step automaticamente, sembrano essere più durature. È più facile scordare concetti che non come fare qualcosa. E.g. è difficile dimenticare come si guida la bicicletta o come si digita sulla tastiera.

Da questa osservazione si può derivare l’euristica secondo cui, nell’apprendimento di qualcosa, è meglio concentrarsi a “proceduralizzare” fondamenta e informazioni che si ripetono, piuttosto che distribuire equamente i proprio sforzi. E.g. parlando spesso una lingua nella vita reale si acquisisce il set delle frasi e delle strutture più comuni.

Overlearning: Practice Beyond Perfect

L’overlearning consiste nel praticare oltre il punto di apprendimento. E.g. un soldato che impara a montare un fucile e poi continua a praticare. L’overlearning non aggiunge conoscenza, ma aiuta a renderla più duratura.

Si può avere overlearning anche senza pratica diretta, ma attraverso l’utilizzo della skill in un ambito più complesso. E.g. studiare analisi mi costringe a praticare l’algebra.

Mnemonics: A Picture Retains a Thousand Words

Esistono varie tecniche mnemoniche per ricordare meglio. Per esempio si può associare quello che si vuole ricordare con un’immagine mentale bizzarra che quindi rimane impressa più facilmente.

Principio 8: Intuition: Dig Deep Before Building Up

Tecnica usata da Feynman: quando qualcuno gli spiegava qualcosa, si andava costruendo via via un’immagine mentale. Se qualcosa non era chiaro faceva domande e perfezionava l’immagine. In questo modo si faceva un’idea intuitiva dell’argomento. Poi, quando l’altra persona diceva qualcosa di sbagliato, lui riusciva ad accorgersi dell’errore perché quell’errore violava la sua immagine mentale.

Alcune regole per sviluppare il proprio intuito:

Rule 1: Don’t Give Up on Hard Problems Easily

Quando ci si blocca su un problema difficile, invece di abbandonare e controllare la soluzione, vale la pena di impostare un timer (e.g. 10 minuti) e continuare a sforzarsi almeno finché non scade. Due benefici: (1) hai una possibilità di riuscire a risolverlo e (2) anche se non ci riesci ti verrà più facile ricordarlo in futuro.

Rule 2: Prove Things to Understand Them

Dimostare quello che si studia aiuta a comprenderlo più a fondo. E.g. al posto di studiare solo la formula del teorema di Pitagora, sforzati di dimostrare come ci si arriva. Al posto di seguire i passaggi di un esercizio fino al risultato, svolgilo tu.

Questo tipo di approccio ti mette di fronte a un compito che puoi svolgere solo comprendendo come funziona ciò che stai studiando e per cui quindi non basta memorizzare il concetto. Serve a contrastare l’illusion of explanatory depth, cioè quando siamo convinti di comprendere qualcosa meglio di quanto non lo comprendiamo in realtà. Un altro esempio di applicazione di questa regola: disegna uno schizzo basico di una bicicletta, in modo che contenga le parti principali e come sono connesse. Ognuno di noi pensa di sapere com’è fatta, ma poi probabilmente non sa rappresentarla. Familiarità ≠ comprensione.

Rule 3: Always Start with a Concrete Example

Imparare concetti astratti non si traduce automaticamente nella capacità di applicarli in pratica (vedi problema del transfer). Quindi è sempre utile cercare di connettere quanto si studia a esempi concreti. E.g. se sto studiando le sottrazioni, potrei immaginare di usarle per calcolare il resto al supermercato.

Rule 4: Don’t Fool Yourself

Siamo soggetti all’effetto Dunning–Kruger e quindi è importante cercare di non prenderci in giro da soli sovrastimando quanto sappiamo. Un modo per contrastare questa tendenza è di fare molte domande, anche quelle che potrebbero sembrare stupide, in modo da vedere se effettivamente si è capito o no.

La tecnica di Feynman

La tecnica di Feynman è un modo di applicare le regole di cui sopra e consiste nello spiegare in modo semplice quello che si è studiato come se lo si dovesse insegnare a qualcun altro. Provare a spiegare è un modo di testarsi e forza a dare forma a quello che sai in materia. Finché hai solo una nube di pensieri in testa puoi essere convinto di avere imparato, ma quando devi spiegarlo sei costretto a verificare se ciò è vero.

Principio 9: Experimentation: Explore Outside Your Comfort Zone

Sperimentare diventa più utile più si acquisisce competenza. All’inizio del percorso di studio di un argomento tutti hanno bisogno di imparare più o meno le stesse cose e c’è una buona offerta di materiale. Più si va avanti e meno ciò è vero e più cresce l’esigenza di visitare terreni meno esplorati, seguire un proprio percorso, spingersi oltre ciò che già si sa per evitare di stagnare, e stimolare la propria creatività.

Ci sono vari modi di sprimentare, tre esempi:

  • Risorse di studio, e.g. provo a studiare da un libro, poi da un corso e valuto come va
  • Subskill, e.g. studio una lingua straniera e poi mi concentro su un’applicazione particolare, tipo leggere letteratura, o imparare a sostenere discorso professionale
  • Stile, e.g. voglio imparare a scrivere e provo diversi stili di scrittura

Alcune tattiche di sperimentazione:

  1. Copia, quindi crea
    Inizia copiando quello che fanno gli altri. Un vantaggio è che ti dà un’idea da dove iniziare e ti permette di indagare quali subskill servano per emularli.
  2. Confronta i medodi
    Prova due tecniche e poi valuta quale ti abbia dato migliori risultati.
  3. Introduci nuovi vincoli
    Dopo che hai imparato a fare qualcosa, imponiti dei vincoli in modo da forzarti a trovare nuovi modi di procedere.
  4. Trova il tuo superpotere nell’ibrido tra abilità non connesse
    Prova a connettere abilità diverse in modo da creare un ibrido originale.
  5. Esplora gli estremi
    Prova a seguire gli estremi e vedere dove arrivi.

Your First Ultralearning Project

Uno schema di piano per affrontare un progetto di studio:

  1. Ricerca
    1. Cosa vuoi imparare e in che misura
      L’ideale è avere un’idea di obiettivo specifico, e.g. imparare abbastanza spagnolo per potere conversare con i colleghi a lavoro.
    2. Che risorse userai
    3. Un benchmark sotto forma di qualcuno che ha già appreso quello che vuoi imparare
      Potrebbe anche essere un’esperienza pubblicata online, e.g. in blogpost/forum
    4. Attività di pratica diretta
    5. Altre risorse di backup e drills possibili
  2. Pianifica del tempo per lo studio
    Sia quanto lungo è il progetto in generale, che quando studiare durante la settimana e ogni giorno
  3. Esegui
    Esegui quanto pianificato e fermati regolarmente per valutare come sta andando: stai applicando i principi? È il caso di cambiare qualcosa?
  4. Esamina i risultati
    Chiediti com’è andato il progetto e cosa puoi migliorare nel prossimo
  5. Scegli come procedere: vuoi solo mantenere quanto hai appreso o continuare ad approfondire?
    1. Manutenzione: pratica regolare non deliberata che non serve quindi a migliorare, ma rafforzare
    2. Reimparare: a volte non è necessaria neanche la manutenzione, per certe skill (o subskill) potrebbe essere sufficiente reimpararle quando serve, considerando soprattutto che reimparare dovrebbe essere più facile di imparare per la prima volta
    3. Mastery: pratica intenzionale regolare o un altro progetto di studio