Ciò che si vede e ciò che non si vede — Frédéric Bastiat | Riassunto e appunti

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Cosa ne penso 💭

Un ottimo libro. Minuscolo e focalizzato su una singola lezione che viene applicata a una varietà di esempi. E benché fu scritto nel XIX secolo, sia la lezione che gli esempi rimangono attuali al 100%.

Assolutamente consigliato. Si legge in pochissimo tempo e propone una prospettiva a cui non siamo abituati a pensare, sia per natura, sia perché la propaganda politica viaggia per una strada diametralmente opposta.

Inoltre, benché nel testo si faccia riferimento all’ambito economico/politico, questa è una lezione che vale in generale in tutto quello che facciamo, come accennava anche Taleb ne Il Cigno Nero citando proprio Bastiat.

PS: se leggi il libro fammelo sapere perché ho una domanda da farti.

Le mie note 📓

La lezione, tanto semplice quanto poco applicata:

Nella sfera economica, un atto, una abitudine, una istituzione, una legge, non generano solo un effetto, ma una serie di effetti. Di questi effetti, solo il primo è immediato; esso si manifesta simultaneamente con la sua causa: si vede. Gli altri non si sviluppano che successivamente: non si vedono; va bene se li si può prevedere.

Ogni atto abbia influenza sulla sfera economica causerà sia effetti chiaramente visibili, sia effetti meno visibili. Quando valutiamo la bontà di quell’atto dobbiamo quindi analizzare tutti gli effetti, non solo quelli evidenti.

La distruzione che alimenta l’economia

Un vandalo rompe il vetro della finestra di Tizio. Non tutto il male viene per nuocere — i passanti si affrettano a dire — questo danno aiuta a mandare avanti l’industria.

Ciò che si vede: il vetraio guadagnerà 50€ (costo ipotetico della riparazione) e in cambio Tizio otterrà un vetro nuovo.

Ciò che non si vede: se il vetro non fosse stato rotto, Tizio avrebbe potuto usare i suoi soldi per comprare qualcos’altro, per esempio un paio di pantaloni. Quindi è vero che il vetraio ha guadagnato 50€, ma è anche vero che il negozio di pantaloni li ha persi e Tizio, che poteva avere sia il vetro che i pantaloni, si deve accontentare del solo vetro. Quindi la società in generale ci ha perso.

I posti pubblici inutili che farebbero profitto

Mettiamo caso ci siano 100 impiegati pubblici il cui lavoro non è più utile e si debba decidere se licenziarli o meno.

Un classico ragionamento di chi si oppone al licenziamento: quegli impiegati spendendo i loro soldi contribuiscono a far girare l’economia e quindi generano un profitto per la nazione. Dopo il licenziamento non avranno più niente da spendere e quindi ci sarà una perdita per l’economia nazionale.

Conseguenza visibile: quelle stesse persone appena licenziate non avranno più quei soldi da spendere.

Conseguenza invisibile: i soldi per pagare quelle persone non spuntavano dal nulla, ma provenivano dai contribuenti tramite le imposte. Dopo il licenziamento questi soldi possono tornare ai contribuenti, i quali possono spenderli per conto loro e fare comunque girare l’economia. Inoltre, queste nuove spese possono stimolare la creazione di nuovi posti di lavoro.

Semplificando all’osso e immaginando due scenari in cui esistono solo due persone nella società:

  1. Scenario senza dipendente pubblico inutile
    • Il signor A fa un lavoro utile
    • Il signor B lo paga con 10€ per quel lavoro
  2. Scenario con dipendente pubblico inutile
    • Il signor A fa un lavoro inutile
    • Il signor B paga 10€ di imposte che vengono usate per mantenere A

La bontà di imposte e impieghi pubblici va discussa nel merito

Non per forza le imposte sono sempre sbagliate, ma quando si devono prendere delle decisioni che le coinvolgono bisogna valutarle in base ai loro meriti reali, cioè in base all’utilità di ciò a cui sono destinate.

Esempio di buona giustificazione: dobbiamo mettere delle imposte per pagare le forze di polizia in modo da garantire la sicurezza della popolazione.

Esempio di cattiva giustificazione: quelle imposte sono buone perché lo stato le userà per pagare qualcuno e in questo modo farà girare l’economia!

Conseguenza visibile: lo stato spende i soldi ricavati tramite quelle imposte per qualcosa e quindi stimola l’economia.

Conseguenza invisibile: i soldi che lo stato ha racimolato tramite le imposte e che ora può spendere sono stati sottratti ai contribuenti che non possono spenderli più. Quindi non c’è stato uno stimolo maggiore perché la spesa totale non è aumentata. Al massimo c’è stato uno spostamento.

Ciò vale non solo per le imposte ma anche per i lavori pubblici con cui si ha l’impressione di creare lavoro. In realtà il lavoro si è spostato dal privato al pubblico, magari verso un lavoro improduttivo giustificato proprio col motivo di “creare lavoro”.

Il vero parassita è il settore pubblico non il privato

Alcuni accusano i privati di essere parassiti e quindi vorrebbero che lo stato prendesse la situazione in mano. Invece è proprio il contrario, perché i lavori pubblici sono imposti, mentre quelli del settore privato sono liberi e seguono le leggi del mercato, nascendo e morendo all’occorrenza.

Quando imponi lavoro pubblico non solo stai succhiando quel lavoro dal privato, ma stai anche succhiando altro lavoro tramite le imposte, dato che i soldi sono una rappresentazione del lavoro della persona che li ha guadagnati e, dualmente, del lavoro che potrebbe pagare spendendoli.

Creare lavori pubblici significa redistribuire lavoro e spesa

Quando crei lavori pubblici stai anche cambiando forzatamente la distribuzione di lavoro e spese nel territorio.

Immaginiamo che venga creato un nuovo ministero a Roma, si assumano 100 persone, e che per pagarle servano 3 milioni. In questa situazione lo stato sta accentrando a Roma non solo quelle persone, ma anche quei soldi.

Conseguenza visibile: quegli impiegati pubblici spenderanno i loro soldi a Roma, la spesa in quel territorio aumenterà di 3 milioni, e ciò attirerà una certa quantità di altro lavoro, anche privato.

Conseguenza invisibile: quei 3 milioni, recuperati tramite le imposte, erano prima distribuiti su tutto il territorio mentre ora non lo sono più. Quindi si è impedito nel resto di Italia non solo che venissero spesi, ma anche il lavoro che questa spesa avrebbe pagato.

La lentezza di imparare senza subire conseguenze

Se tutte le conseguenze delle nostre azioni ricadessero solo su di noi allora l’apprendimento sarebbe veloce. Ma in certe situazioni non è così e quindi non impariamo.

Anzi a volte succede che le conseguenze positive ricadano sull’autore dell’azione e le conseguenze negative su qualcun altro. In tali occasioni quindi bisognerà aspettare la reazione di questo qualcun altro per riequilibrare la situazione.

È anche possibile che questa reazione sia inesistente o lentissima perché in alcuni casi mentre le conseguenze positive sono accentrate, quelle negative sono distribuite. E più sono distribuite, e quindi meno pesanti sono per il singolo, più tardi si tenderà ad accorgersene.

Poniamo che ci sia una grossa azienda fallimentare e si faccia una legge per darle 10 miliari di euro in modo da salvarla. Questi soldi, come sempre, non piovono dal cielo ma sono ottenuti tramite imposte. Tale spesa è quindi distribuita su un gran numero di individui per cui ognuno dovrà sborsare, per esempio, solo 170€.
Ci sarà una reazione da parte di tutti questi individui? Se sì, quando?