Come il tuo cervello ti spinge a soffrire di più

e come ti fa dimenticare gran parte della tua vita

Yo! Benvenuti ai nuovi arrivati in questa newsletter e benvenuti a tutti nel 2021 (anche se non sembra essere iniziato nel migliore dei modi). Oggi parliamo di come il nostro cervello percepisce le esperienze (tipo la sofferenza) e di come io provo ad affrontare i miei errori.

Vita percepita e vita ricordata

Da più di una prospettiva il cervello appare non tanto come un’entità unitaria, ma piuttosto come una coppia di voci contrastanti. Ciò è vero anche nel regno della percezione delle esperienze.

Chiameremo sé esperienziale il cervello che vive l’esperienza mentre si svolge, e sé narrante il cervello che ricorda il passato e quindi le esperienze vissute.

La percezione di una stessa esperienza varia a seconda che si chieda all’uno o all’altro . In particolare:

  • Il sé esperienziale percepisce l’intensità momento per momento
  • Il sé narrante non tiene in gran considerazione la durata, ma dà più peso al picco e all’intensità finale

Volendo fare un esempio visivo, immaginando che questi siano i grafici di due esperienze diverse, il sé narrante ricorderà l’esperienza gialla come più intensa della blu anche se l’intensità totale dalla blu è maggiore.

Il picco iniziale e l’intensità finale illudono il sé narrante che l’esperienza gialla sia stata più intensa della blu

Il picco iniziale e l’intensità finale illudono il sé narrante che l’esperienza gialla sia stata più intensa della blu

Si parla di questo fenomeno, tra le altre cose, in uno dei migliori libri che mi siano mai capitati tra le mani: Thinking, Fast and Slow (aka Pensieri Lenti e Veloci). Nella parte quinta l’autore parla dei due e di alcuni esperimenti che lo hanno portato ad approdare alla formulazione di queste differenze percettive.

Uno di questi esperimenti è la prova della mano fredda.

La prova della mano fredda

Venne preparata dell’acqua fredda in modo che fosse sgradevole ma tollerabile e si chiese ai soggetti di tenerci immersa una mano finché non gli fosse detto ti estrarla. Allo stesso tempo, essi dovevano indicare con l’altra mano, tramite le frecce di una tastiera, il dolore che stavano provando in ogni momento.

Tutto questo serviva a misurare l’intensità percepita dal sé esperienziale.

Vennero ideate due situazioni: una corta e una lunga.

Episodio corto: 60 secondi totali. Per tutto il tempo il soggetto teneva la mano immersa in acqua a 14°C.

Episodio lungo: 90 secondi totali. Anche in questo caso il soggetto teneva la mano immersa in acqua a 14°C per i primi 60 secondi. Poi, senza dire niente, lo sperimentatore apriva una valvola che serviva a riscaldare l’acqua di circa 1°C, in modo che l’esperienza diventasse meno dolorosa negli ultimi 30 secondi.

Ogni soggetto venne sottoposto a entrambe le situazioni, una per mano, e a distanza di 7 minuti l’una dall’altra. Dopo altri 7 minuti gli venne chiesto di scegliere quale, tra le due, avrebbero preferito ripetere come terza prova.

Ebbene, l'80% dei soggetti scelse di ripetere l’episodio più lungo, in cui, di fatto, c’erano 30 secondi di dolore in più. Decidendo d’istinto, avevano scelto ciò che il sé narrante ricordava come meno doloroso anche se in realtà lo era di più.

Questo comportamento apparentemente masochista è dovuto al modo in cui il nostro cervello tratta i ricordi.

Compressione dei ricordi

Come dicevo sopra, il sé narrante non basa il suo giudizio sulla durata, ma più sulla coppia picco-fine. Ciò rientra in un processo più ampio di compressione dei ricordi che il cervello mette in atto (immagino) per conservare spazio.

Questo fa sì che non solo siamo portati a prendere decisioni sbagliate, come quella masochista della prova della mano fredda, ma anche che dimentichiamo gran parte della nostra vita.

Credo che ognuno potrà confermare che non ricorda ogni esperienza allo stesso modo, ma che gli rimangono impresse più quelle intense ed eccezionali (intese come fuori dal normale).

La vita del giorno-dopo-giorno scompare e, vista dalla prospettiva della storia che abbiamo in testa, è come se non fosse mai stata vissuta. Quante volte ci sembra che il tempo sia fuggito troppo velocemente?

Quindi chiedo la vostra opinione:

  • È più importante l’esperienza mentre la si vive o il suo ricordo?
  • Quanto pagheresti per provare l’esperienza migliore della tua vita sapendo che te ne verrà cancellata la memoria subito dopo?

Io nel frattempo concludo l’argomento con un paio di consigli che potrebbero aiutare ad allungare la vita — o meglio, la percezione della durata della vita.

  • Sforzarsi di rompere la monotonia il più spesso possibile esponendosi a esperienze nuove: non per forza estreme, ma diverse
  • Tenere un diario di bordo dove annotare, a grandi linee, avvenimenti e riflessioni, in modo da poterlo riguardare per stimolare i ricordi

Il mio approccio agli errori

L’altro ieri stavo registrando il video che uscirà sul canale YouTube tra qualche giorno e, dopo circa 40 minuti a parlare, la fotocamera si spegne: batteria scarica.

Poco male, penso, cambio batteria e riprendo. Se non che, mentre fermo il software che uso per registrare l’audio, mi accorgo che ho dimenticato a selezionare il microfono corretto. Tutto quello che ho registrato è da buttare nel gabinetto, insieme al tempo impiegato. 🚽

Questo non è il primo errore che faccio mentre registro e, sono sicuro, non sarà neanche l’ultimo. Non so quante volte mi è capitato di dover buttare del materiale perché avevo sbagliato qualcosa.

Ormai, però, oltre a chiedermi se io non sia completamente rimbecillito, mi chiedo anche come posso fare per non commettere lo stesso errore in futuro. In questo caso mi è bastato aggiornare il template che seguo quando mi siedo per registrare:

Al di là dell’istanza specifica, questo è un approccio che cerco di applicare alla mia vita in generale, anche se non sempre me lo ricordo. L’idea di fondo è la stessa del proverbiale sbagliando si impara. Il problema è che spesso sbagliando non si impara se dall’errore non scaturisce un’azione.

Domandarsi come evitare di ricommettere lo stesso errore è una tecnica semplice ed efficace che sprona a migliorare costantemente.

I miei ultimi contenuti

🗓 È inizio gennaio e questo significa che ci troviamo nel momento in cui si scelgono i buoni propositi per l’anno. Purtroppo la gran parte delle volte abbandoniamo questi obiettivi dopo qualche settimana.

Forse il problema non è solo nostro, ma anche dei propositi stessi: ecco perché è meglio scegliere un tema.

Ne parlo sul blog:

Scegli un tema, non buoni propositi

e sul canale:


🎁 Come preannunciavo nella scorsa newsletter ho da poco compiuto 30 anni. Ho colto l’occasione per selezionare 30 lezioni che ho imparato nella mia esistenza. Le trovate sul blog:

30 lezioni dai miei 30 anni


📚 Infine, ho parlato sul canale di 3 dei migliori libri che ho letto nel 2020 e, in particolare, di 6 degli insegnamenti che mi hanno colpito di più: