La felicità è uno sforzo attivo

Negli ultimi giorni mi sono imbattuto nel tema della felicità in diverse occasioni:

  • Parlandone con la mia ragazza
  • Incontrandolo in un libro che sto leggendo: The Almanack of Naval Ravikant
  • Tramite un’intervista di Matt D’Avella a Sam Harris
  • Ritrovando un appunto dello scorso dicembre in cui annotavo qualche pensiero a seguito di una discussione nata nel gruppo con i miei amici

Questo della felicità è un argomento di cui mi sembra non si parli moltissimo, ma che dovrebbe avere una certa rilevanza, considerato che riteniamo la felicità lo stato mentale a cui aspirare.

Quindi scriviamoci una newsletter, perché no?

Le concezioni classiche

La felicità dei picchi 🏔

Secondo una concezione diffusa, quando si pensa alla felicità si pensa a momenti di trionfo ed estasi: traguardi raggiunti, giorni speciali, obiettivi faticati, momenti attesi a lungo. Qualcuno pensa al giorno della laurea, un altro al matrimonio, a un viaggio in un paese lontano, a quando si è riusciti a ottenere il posto di lavoro dopo innumerevoli colloqui.

Questo tipo di concezione dipinge la felicità come un momento, più o meno lungo, di intense euforia ed esaltazione.

Come tutti i momenti, però, anche questo picco positivo finisce e si ritorna alla vita normale, sicuramente non eccezionale, e fatta sì di alti e bassi, ma, tutto sommato, piuttosto piatta.

La felicità del futuro 🔮

Allo stesso tempo, siamo anche convinti che la felicità sia uno stato da ottenere.

Se ce lo chiedono rispondiamo che no, non siamo felici ora. Ma ci stiamo lavorando! Ancora ci manca qualcosa, ci servono più soldi, una casa più grande, una macchina più bella.

Ma ci arriveremo, li otterremo. E allora saremo felici. Allora sì che saremo felici

Questo secondo tipo di concezione ritrae la felicità come uno stato di cose. Abbiamo bisogno di avere X, Y, e Z: entità facenti parte del mondo esterno a noi.

La conseguenza

Nessuna di queste due concezioni ci aiuta, però, ad affrontare la vita vera nella pratica della normalità.

  • La prima relega la felicità a picchi sporadici di esaltazione, intensi tanto quanto rari.
  • La seconda la sposta in un futuro che non diverrà mai presente stabile, a causa all’adattamento edonistico.

La conseguenza di rimanere fermo su una linea di pensiero classica è che la quantità di felicità a cui puoi accedere sarà sempre estremamente limitata. Confinata a brevissimi periodi e destinata a non diventare mai uno stato abituale.

Superare il limite

Sam Harris suggerisce che non puoi diventare felice, puoi solo essere felice.

A ciò aggiungerei che la felicità non è un processo spontaneo, ma un muscolo che va allenato.

Siamo programmati biologicamente per essere insoddisfatti. Quando otteniamo qualcosa, l’estasi derivante non è duratura: presto ci abituiamo e ricadiamo nella stessa noia da cui eravamo venuti.

Siamo inoltre portati a sentire molto più intensamente gli eventi negativi, rispetto a quelli positivi. Una perdita ci pesa di gran lunga di più di quanto ci rallegri un guadagno equivalente.

Schopenhauer non aveva poi tutti i torti in merito al pendolo della vita.

Che fare quindi?

Cambiare la concezione, coscientemente. Decidere che la felicità non è nei picchi euforici, né in un futuro che si rinnova continuamente. E che, arrivati a un certo livello di benessere materiale, non deriva dalla situazione esterna, ma viene piuttosto dall’interno.

Poi, allenarsi ad assimilare questa decisione per farla diventare consapevolezza. Imparare ad apprezzare il presente quando è presente, non nei traguardi passati, né dei desideri futuri.

Un paio di esempi di esercizi pratici:

  • 🧘 Impara a meditare. Quando mediti ci sei solo tu, la tua testa, e il momento attuale. È molto più difficile di quello che sembra. Ma più ti abitui e più diventa facile scegliere come reagire a ciò che ti accade.
  • 📔 Scrivi ogni giorno 3 cose per cui sei grato. Magari è per un pasto che ti è piaciuto particolarmente, magari sei soddisfatto del tuo impegno, magari è per un complimento che hai ricevuto. È difficile, soprattutto all’inizio, ma col tempo inizierai a vedere eventi positivi dove prima non ne trovavi.

Alla fine ciò che conta è quello che ci passa per la testa: come interpretiamo il mondo esterno e come ci reagiamo.

A happy person isn’t someone who’s happy all the time.

It’s someone who effortlessly interprets events in such a way that they don’t lose their innate peace. — Naval Ravikant

Pratica, sta tutto lì. 🏋️

I miei ultimi contenuti

A causa di un piccolo interventino al labbro non ho registrato video negli ultimi tempi, ma mi sono concentrato sui contenuti testuali.

💰 Ho scritto di un tema che mi è molto caro: i primi passi di educazione finanziaria, dato che nessuno si è preso la briga di istruirci.

Primi passi di tranquillità finanziaria

📝 Ho scritto anche del processo che uso per prendere note. Dopo che avevo già parlato del metodo che seguo (lo Zettelkasten) in un articolo e in un video, ho deciso di scendere un po’ più nel dettaglio di quello che faccio nella pratica.

Come prendo note col metodo Zettelkasten: processo e app

📚 Infine, ho anche iniziato a pubblicare le mie note di lettura. Nella prima puntata le note dal libro Menti Tribali.

Menti Tribali — Jonathan Haidt