Sulla via del compromesso

L'ideale non è pragmaticamente possibile

Yo peeps, benvenuti ai nuovi e bentornati ai vecchi nella ProtoNewsletter, il posto in cui condivido spunti, deliri, idee, e ogni tanto consigli di dubbia utilità.

Riccomi qua dopo una (troppo lunga) pausa improduttiva. C’è caldo, capitemi.

Comunque, oggi parliamo di soluzioni reali per il mondo reale.

Di giorno io faccio lo sviluppatore software. ⌨️

In quanto sviluppatore mi tocca non solo implementare funzionalità nell’app su cui lavoro, ma anche discutere e decidere con gli altri membri del mio team quale sia il miglior modo di farlo.

Di solito esiste una moltitudine di soluzioni a un singolo problema. E non tutte sono buone allo stesso modo.

Quando siamo in fase di design — da intendere nel senso di “progettazione” — l’obiettivo è di trovare la soluzione migliore possibile (nei limiti con cui dobbiamo avere a che fare).

Qualche tempo fa ci siamo ritrovati a discutere, per svariati giorni, su come strutturare una nuova funzionalità. Le discussioni sono durate più a lungo del solito perché non riuscivamo ad arrivare a una soluzione ottimale e “pulita”, come si usa dire in gergo.

In realtà la funzionalità in questione non era complessa. Ciò che rendeva difficile progettare una soluzione era l’insieme di vincoli che ci giravano attorno. Vincoli esterni che non dipendevano da noi e su cui non potevamo agire né direttamente, né in tempi ragionevoli.

In teoria, eliminando i vincoli o disponendo di un tempo lungo abbastanza, avremmo già avuto una soluzione ottimale. Non solo pulita ma anche semplice da realizzare.

In teoria.

In pratica i vincoli continuavano a esistere e il tempo disponibile continuava a non essere lungo abbastanza.

Alla fine, dopo discorsi su discorsi, ci siamo accordati su un compromesso:

  1. Innanziutto, andare avanti con una soluzione imperfetta (funzionante, sebbene non ideale).
  2. Poi, raccogliere argomenti per proporre un miglioramento sul lungo termine, in modo da rilassare i vincoli e muoverci verso l’ideale.

Riguardando a questa serie di eventi mi sono reso conto che tutti affrontiamo momenti simili nella vita. Capita di trovarsi in situazioni in cui la soluzione “perfetta” non è applicabile o richiederebbe troppo tempo.

  • Tentare un esame anche se non hai studiato proprio tutto.
  • Pubblicare un articolo anche se non soddisfa pienamente i tuoi gusti.
  • Rilasciare un’applicazione anche se vorresti aggiungere altre funzioni.
  • Presentarti a un colloquio anche se non ti senti pronto.

C’è una differenza importante, però, tra la mia storia di lavoro e gli esempi nella vita privata.

A lavoro, io e i miei colleghi eravamo costretti ad arrivare a una soluzione in tempi ragionevoli. Dovevamo sviluppare la funzionalità. Rimandare non era un’opzione percorribile.

Invece, nella vita privata spesso non c’è niente che ci costringe a scegliere. Possiamo rimandare all’infinito.

Ha senso farlo?

Quasi mai: non sarebbe una scelta pragmatica.

È vero che posso rimandare per provare a perfezionare, ma non è un buon investimento. Il modo migliore in cui posso procedere è fare.

Un mantra che ho acquisito qualche tempo fa è che c’è una differenza abissale tra fare qualcosa e non fare niente.

Meglio un articolo pubblicato che nessun articolo. Meglio un’applicazione nelle mani degli utenti che nessuna applicazione. Fatto è meglio che perfetto.

Quindi, similmente a quanto deciso a lavoro, preferisco ricorrere a un compromesso:

  1. Per il momento mi accontento della soluzione imperfetta (che però esiste, al contrario di quella perfetta).
  2. Poi, mi metto a lavoro per migliorare e tendere verso quella fantomatica “perfezione”.

E il bello è che lavorare per migliorare può significare anche semplicemente rimettermi a fare, visto che facendo ci si muove verso la qualità. È un circolo virtuoso.

In un mondo ideale avremmo soluzioni ideali. Ogni risultato sarebbe sempre all’altezza delle nostre aspettative. Ogni scelta sarebbe esatta. Ogni prodotto sarebbe perfetto.

Ma, anche se a volte ce ne dimentichiamo, possiamo vivere solo nel mondo reale.

Cose

Di recente ho visto (e rivisto) un po’ di video di Kurzgesagt, un canale che sicuramente conoscete e se non lo conoscete vi denuncio e vi faccio arrestare. Vi consiglio tutti i video ma più in particolare, visto il momento, questo. Forse l’umanità è spacciata, ma tanto che gliene frega al buco nero?

Poi, dopo anni che posseggo lo Switch, ho finalmente comprato The Legend of Zelda: Breath of the Wild (dopo che un mio amico mi ha fatto venire voglia). Non so quante ore ci ho giocato, ma so che la mia produttività è calata drasticamente (mi sono dovuto strappare dal gioco per scrivere ogni pezzo di questa newsletter).

Sono anche stato a Norimberga. Nell’area sauna delle terme erano tutti nudi.

I miei ultimi contenuti

🤐 Ho pubblicato le note di un libricino che ho letto qualche tempo fa. Parla del mentire e mette in discussione anche (e soprattutto) le “bugie a fin di bene”.

Lying – Sam Harris